Il dono della parola: Dieci brevi riflessioni alla ricerca della pace

 

 

 

 

L'alfiere nero

 

Capitolo I

 

Immagine che contiene pezzo degli scacchi, scacchi, gioco da tavolo, Scacchiera

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“Ecco, malvagio sono nato,
peccatore mi ha concepito mia madre”

 

 

La scacchiera è il mandala fantastico del gioco della vita, dove ognuno di noi nasce, vive e muore.

È costituita da otto righe e otto colonne di quadrati (case o caselle) sistemati in modo tale che i colori nero e bianco si alternino.

Mi piace immaginare che il nero rappresenti il peccato, il male e la morte, mentre il bianco ci comunichi un’emozione di innocenza, di bene e di vita.

Le file di case dello stesso colore, coincidenti agli angoli, si chiamano diagonali.

Le diagonali bianche rappresentano la salita verso il cielo, mentre le diagonali nere la discesa verso la penombra: tutto sale e tutto ridiscende.

 

Due schieramenti opposti (nero e bianco) sono lineati sulle prime due righe alle estremità della scacchiera e si danno battaglia, sotto il comando del re e della Regina situati in centro.

Il re è il pezzo più importante anche se può muoversi di una sola casa alla volta, in qualsiasi direzione (verticale, orizzontale o diagonale) a condizione che la casa di arrivo non sia minacciata da un pezzo avversario. Infatti, se egli dovesse venire catturato terminerebbe e si perderebbe la battaglia!

La Regina invece è il pezzo più potente e temibile: Ella si può muovere in linee rette verticalmente, orizzontalmente o in diagonale per il numero di case non occupate da un altro pezzo.

Come gli altri pezzi, la Regina cattura un pezzo dell'avversario tramite l'occupazione della casa su cui si trova il pezzo da catturare.

Ella combina le mosse dell’alfiere e della torre.

 

Sono nato alfiere nero sulla prima fila nella casella bianca alla destra di mia madre, la Regina nera, nelle tenebre dell'umanità.

Sono stato illuminato nel Battesimo con il nome di Giuseppe, nome che ho tentato di portare sempre con onore e rispetto stringendo in mano un alto vessillo, con la scritta “Mutus dedit nomen omnia”, in tutte le mie battaglie quotidiane.

Alla mia destra invece c'è Alessandra, mia sorella e compagna di vita.

Ella è il Cavallo nero e saltella qua e là senza controllo, prima in una casella bianca e poi in una nera…

Io invece sono limitato: mi posso muovere diagonalmente in linea retta solamente nelle caselle bianche. Posso spostarmi di quante caselle bianche desidero, ma solo finché non raggiungo la fine della scacchiera o incontro un altro pezzo.

Avevo anche un fratello gemello, Alberto, il mio collega di schieramento, e un’altra sorella, di nome Anna.

Alberto era l’Alfiere nero, e dalla casella nera alla sinistra di nostro padre, il re nero, avanzava fiero diagonalmente in linea retta solamente nelle caselle nere ergendo la bandiera di famiglia dove stava scritto “Tempus fugit”.

Alla sua sinistra c’era Anna, il cavallo nero, che dalla sua casella bianca iniziale saltellava qua e là, controllata costantemente da Lina, prima in una casella nera e poi in una bianca…

Alla destra di Alessandra, il Cavallo nero, c’è la torre nera.

Essa si muove sia orizzontalmente, sia verticalmente per il numero di caselle libere che ha a disposizione.

In prima linea c’è infine l’altra Torre nera, a sinistra di Anna.

Le due Torri, a sinistra e a destra degli angoli estremi della scacchiera, sono pezzi molto potenti: insieme sono più forti sia della Regina e del Re avversari!

Dentro di loro è racchiusa infatti una scala circolare misteriosa che permette ad Esse non solo di spostarsi sulla superficie della scacchiera, ma anche sempre più in alto verso il cielo!

 

Nei primi anni era nostra madre, Lina, a decidere dove spostarci, poi con il passare del tempo era Piero a prendere sempre più il comando, e infine le due Torri!

Per questo noi quattro fratelli, compagni di vita e di morte, all’inizio eravamo inseparabili e uniti, ma poi, piano piano, non siamo andati sempre d’amore e d’accordo.

Non appena siamo riusciti a liberarci dalla volontà dei nostri genitori regnanti, ognuno di noi è stato libero di spaziare nella scacchiera dove voleva e così, purtroppo, ci siamo separati definitivamente.

Anzi, è stata la morte a separarci.

Sono stato io il primo a cadere.

In una notte, oscura più del solito, Lina mia ha deposto involontariamente e senza controllo in una casella fuori della scacchiera: il volo è stato terrificante ma anche liberatorio.

Avevo solo quattro anni.

Scoprii che il gioco della vita non si limitava solamente sulla superficie della scacchiera e le sue sessantaquattro case (denominate da a1 a h8), ma anche oltre, sia in basso che in alto.

Dove ha origine ogni cosa, parola e movimento tutto proteso verso la vera via, verità e la vita.

 

Questo libro vorrebbe rappresentare il Mandala completo del gioco della vita, non solo la sua superficie piatta e circolare esteriore, ma la sua forma sferica, profonda e interiore, raffigurazione dell'universo interiore, che ciascuno di noi ha nel proprio Cuore.

Scopriamo insieme nel prossimo capitolo la seconda linea della scacchiera, dove ci sono otto pedoni neri che completano il mio schieramento…

 

 

Immagine che contiene aria aperta, cielo, edificio, calligrafia

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“Purificami, o Signore:
sarò più bianco della neve”

 

 

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Capitolo II

 

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Il matto dell’imbecille

 

“Puoi imparare molto di più da una partita persa che da cento partite vinte”

(José Raul Capablanca)

 

 

Nella seconda linea ci sono i nostri angeli custodi, i Pedoni.

«Il pedone è l'anima degli scacchi» (François-André Philidor, campione francese del XVIII secolo).

È il pezzo più presente sulla scacchiera, ve ne sono otto per ogni schieramento e sono considerati la fanteria leggera del Re.

I Pedoni hanno una limitata capacità di spostamento, solo in avanti in un'unica casella, oppure dalla loro casa di partenza possono avanzare anche di due passi.

Essi non possono indietreggiare, quindi il re deve fare molta attenzione di lanciarli in battaglia.

Questi soldatini, sebbene il loro valore sia di solo un punto, se giocati bene, in quanto possono determinare la vittoria di una battaglia, valgono più del Re, che ha un valore inestimabile, perché, ricordo, è l’unico pezzo che non può essere mangiato.

In paragone la regina ne vale 9 punti, la torre 5, il cavallo e l’alfiere 3.

Prima di spiegare le altre due caratteristiche fondamentali di questi eroi, la cosiddetta “presa al varco” e la “promozione”, vi vorrei presentare il Pedone nero davanti a me, nella sua casa nera, Alessandro, il mio angelo custode!

Mi è stato molto d’aiuto a quattro anni, quando caddi dalla scacchiera.

«I pedoni non creano solo il bozzetto dell’intero quadro: sono anche terreno e fondamenta di qualsiasi posizione» (Anatolij Karpov).

 

È successo durante una battaglia spettacolare dove mia madre, la Regina nera, ottenne la vittoria in sole due mosse!

Si tratta della più rapida e grande umiliazione per l’avversario bianco, chiamata… il matto dell’imbecille, dovuta alla sottovalutazione strategica dei suoi angeli custodi.

 

Come potete vedere, cliccando sul suddetto link, il re bianco, all’inizio di una partita, ha sbadatamente ordinato al pedone bianco sulla colonna f di avanzare.

Nella sua seconda mossa, a meritarsi infine il cappello da somaro, fece avanzare il Pedone bianco g2 di due passi sulla casella g4, dopo che mio padre, il re nero, per liberare la diagonale della Regina nera, aveva fatto avanzare di due passi il suo Pedone nero nella casella e5.

Ecco che Lina si precipita trionfante a catturare il re bianco, spostandosi di quattro passi in diagonale, sulla casella h4: Scacco Matto, game over!

Il re bianco, infatti, non ha nessun pezzo che possa difenderlo, sia mangiando la Regina nera sia interporre un pezzo per contrastare l’attacco fatale.

 

Per l’emozione esultammo tutti, mentre Lina ritornava baldanzosa e felice nella sua casa nera. Non appena fu a casa abbraccio mio padre Piero e poi mi alzò da terra girando più volte su sé stessa.

All’improvviso la scacchiera tremò e una giornata solare si trasformò tempestivamente in una notte oscura. Un forte pugno colpì infatti la scacchiera: il re bianco non sopportò bene la sconfitta e non riuscì a trattenere la rabbia e la delusione della sconfitta. Si giustificò in seguito che un grande ragno era caduto dal soffitto sulla scacchiera.

Molti di noi e degli avversari caddero a terra sulla scacchiera, sparsi qua e là. Mia madre riuscì invece a rimanere in piedi, ma barcollando mi depose involontariamente, non nella mia natia casella bianca di alfiere nero, a destra della sua, ma fuori campo da gioco…

 

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San Giuseppe, non mi abbandonare

 

Alessandro, Angelo di Dio

che sei il mio custode

illumina, custodisci,

reggi, governa me

che ti fui affidato

dalla pietà celeste

 

Amen

 

 

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Capitolo III

 

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Theraphosa blondi (La tarantola golia)

 

“Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro,

o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro:

non potete servire a Dio e a mammona.”

(Matteo 6,24)

 

 

Il volo è stato terrificante… 

Lo racconterò tuttavia solamente nel quinto capitolo!

 

Vorrei prima finire di descrivere le altre due caratteristiche dei pedoni (la presa al varco e la promozione) e poi elencare alcuni esempi di collaborazione per ottenere la vittoria finale.

 

La presa al varco: i pedoni hanno una particolare maniera di eliminare i propri simili avversari che lasciano le loro case di partenza. È un po’ complicato da capire, molti giocatori di scacchi se lo dimenticano.

Ma vedrete che un po’ alla volta lo comprenderete.

Il Pedone bianco che arriva alla quinta riga nella casella e5, ha la possibilità di effettuare la presa al varco, se il pedone nero avversario dovesse posizionarsi al suo fianco (sia a sinistra sia a destra).

Questa mossa va eseguito subito dopo l’avanzata del pedone nemico, altrimenti perde il diritto a farlo.

 

Sebbene il loro valore sia di solo un punto, questi soldatini sono dotati di un potere tanto unico quanto straordinario: la promozione!

Essa viene per merito, poiché viene premiato il pedone il Pedone che riesce raggiungere l’ultima riga opposta della scacchiera.

Da qui non può più avanzare, ma nemmeno buttarsi nel vuoto, così il nostro eroe riceve un dono per il lungo viaggio percorso: è concesso di trasformarsi in un pezzo di suo gradimento (la regina, il cavallo, la torre o l’alfiere).

In teoria se tutti i pedoni riuscissero a scalare la montagna sarebbe possibile avere fino a nove regine del proprio colore (quella originale più gli otto pedoni promossi).

 

Mio padre, il re nero ha vinto molte battaglie, era un grande!

Purtroppo, con il passare degli anni commetteva sempre più distrazioni ed errori.

 

Mi ricordo di una della più rapide sconfitte del nostro schieramento, chiamata… il matto del barbiere: successa nove anni dopo la spettacolare vittoria precedente.

Questa dolorosa perdita accadde proprio quando mia sorella Anna, il cavallo nero, compiva quattro anni ed io ne avrei compiuto tredici alcuni mesi dopo.

La perdita di questa battaglia fu dovuta alla mancata neutralizzazione della minaccia della Regina Bianca, che difatti fece la spettacolare mossa Dxf7 (la Donna o Regina mangiò il pedone nero sulla casa f7, e catturò il re nero).

Io, alfiere nero, non potei far altro che assistere con mia madre, la regina nera, impotenti e tristi, alla caduta del nostro re Piero, e senza aver potuto divertirci un po’ giocando sulla bellissima scacchiera nuova, che Anna aveva appena ricevuto in dono.

Anche Alessandra, il Cavallo nero alla mia destra, dopo una sola mossa non poté far niente.

Così pure Anna, il cavallo nero, alla quale il re nero ordinò di difenderlo sulla casella e7, mentre avrebbe dovuto spostare di una sola casella il pedone nero f7 su f6, bloccando l’aggressione!

 

Comunque, non fa niente, ricordo che si può imparare molto di più da una partita persa che da cento partite vinte, e così fu nei successivi anni, esempi di vittoria che narrerò con piacere, se volete nel prossimo capitolo.

 

 

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Famiglia Veronese a Bergen (Norvegia):

Battesimo di Anna Grazia (di cui Alberto ed io eravamo padrini)

 

Alberto, Lina con Anna, Alessandra, Piero e Giuseppe

 

“O Signore, ti chiediamo di difendere la nostra famiglia da ogni avversità,

per l’intercessione della beata sempre vergine Maria,

e di proteggerci con la sua misericordia da tutti gli inganni dei nostri nemici

e da ogni afflizione.

Per Gesù Cristo nostro Signore

 

Amen

 

 

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Capitolo IV

 

 

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Teamwork: L’unione fa la forza!

 

 

Gli Alfieri muovendosi su diagonali di diverso colore, con l’appoggio del Re, spingono il Re nemico, isolato fino al bordo della scacchiera e danno Scacco Matto con gli Alfieri!

 

Un altro esempio di vittoria, la Torre, protetta dal Cavallo, dà lo scacco mortale al Re avversario, chiuso in un angolo (Il Matto arabo, matto con Torre e Cavallo).

 

Infine, quello più difficile e bello, il Matto con Cavallo e Alfiere: l’alfiere, protetto dal Re e dal Cavallo, dà lo Scacco Matto al Re avversario chiuso in un angolo in alto.

 

Noi pezzi di scacchi non possiamo muoverci solo sulle righe, le colonne e le diagonali della scacchiera, ma anche in alto, su dei scalini spirituali, e, purtroppo, anche in basso.

La casella della prima riga a sinistra è nera, poi si alterna con il bianco, per cui l’ottava casella a destra è sempre bianca.

Queste otto caselle sono le nostre case di nascita che ci danno vita, forza e sepoltura.

Io sono nato alfiere nero, di legno, sulla casa bianca, pertanto sono definito “alfiere nero”, con la lettera minuscola, perché il colore della mia casa non corrisponde al colore del mio corpo, di legno.

Gli alfieri neri nati sulla casa nera sono denominati invece “Alfieri neri”, con la lettera iniziale maiuscola: essi sono infatti considerati più potenti e forti di quelli nati sulla casa bianca, più astuti e coraggiosi.

Così anche per tutti gli altri pezzi dello schieramento, sia neri sia bianchi.

 

Veniamo deposti su queste case da mani giocose, che ci hanno estratto dai nostri contenitori, scacchiere di ogni tipo.

Non appena cominciamo la nostra prima partita iniziamo a vivere e a combattere pure noi.

 

Ormai gioco da sessantadue anni e mi manca ancora la sensazione di benessere dei primi anni, quando mia madre, Lina, la Regina nera, mi solleva spesso dalla mia casa, mi abbracciava e mi dondolava vicino vicino al suo cuore tra le sue braccia celestiali.

 

Siamo forgiati di legno o da altro materiale, ma ogni pezzo di scacchi alla sua prima battaglia riceve da Dio Padre un cuore spirituale: la nostra anima; e una nuova casella su su nei cieli che ci viene offerta al termine di ogni vita battagliera.

Quando veniamo mangiati o catturati non periamo, ma veniamo posti a bordo campo e assistiamo trepidanti la continuazione della battaglia.

Cliccando sulla scacchiera della foto all'inizio di questo capitolo potrete vedere dove veniamo rideposti al termine di ogni partita, e a chi appartengono le mani giocatrici.

 

La morte ci prende solo al momento della nostra ultima battaglia.

 

Le prime tre righe seguenti (secondo, terzo e quarto gradino celeste) rappresentano la fede, la speranza e la carità che ognuno di noi pezzi di legno ha il piacere e la gioia di sperimentare durante tutte le battaglie.

Le restanti quattro (il quinto, il sesto, il settimo e l’ottavo) ritraggono le virtù cardinali (la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza) che ci vengono insegnati dai nostri genitori, re e regina, e da Dio Padre nei cieli per poter combattere sulla scacchiera sempre meglio.

 

Il pedone lo sa bene. È grazie a lui, quando raggiunge l’ultima riga opposta alla sua casa di nascita che si ottiene spesso la vittoria per tutti.

Anche se non si dovesse promuovere in una regina, ma anche in un valoroso cavallo, come in questa splendida finale di Scacco Matto in una mossa.

 

«Vivere bene altro non è che amare Dio con tutto il proprio cuore, con tutta la propria anima, e con tutto il proprio agire. Gli si dà (con la temperanza) un amore totale che nessuna sventura può far vacillare (e questo mette in evidenza la fortezza), un amore che obbedisce a lui solo (e questa è la giustizia), che vigila al fine di discernere ogni cosa, nel timore di lasciarsi sorprendere dall'astuzia e dalla menzogna (e questa è la prudenza)» (Sant'Agostino)

 

 

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Se uno ama la Sapienza,

 le virtù sono il frutto delle sue fatiche.

Essa insegna infatti la temperanza e la prudenza,

la giustizia e la fortezza,

delle quali nulla è più utile agli uomini nella vita.

(Sapienza 8:7)

 

 

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